Passo Mulaz

Malga Fosse – Rifugio Pedrotti – Faràngole – Rifugio Mulaz – Baita Segantini – Punta Rolle

Dettagli

Località Pale di San Martino
Caratteristiche Pale di San Martino, Farangole
Condizioni del percorso Ben segnalato su sentieri di alta montagna
Grado di esposizione 3/5
Terreno (Bosco) 10%
Terreno (Prato) 30%
Terreno (Roccia) 60%
Terreno (Urbano) -
Lunghezza 20.2 km
Durata 8h 30
Dislivello positivo 1 850 m
Dislivello negativo 1 850 m
Altitudine massima 2 808 m
Altitudine minima 1 927 m
Parcheggio Macchina 46.289395, 11.799067

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Descrizione

Questo lungo e affascinante giro disegna un anello nella parte occidentale del gruppo dolomitico delle Pale di San Martino, attorno alla catena che dall’altopiano del Rosetta si estende fino al Monte Mulaz e al Passo Valles, tra la Val Venegia e il Valón de le Comèlle. La parte più interessante dell’itinerario è sicuramente la traversata delle Faràngole (Alta Via delle Dolomiti No. 2), che dal Rifugio Pedrotti percorre in lungo il lato occidentale del Valón de le Comèlle, tenendosi in quota, fino a giungere al Passo delle Faràngole, circondato da un notevole panorama dolomitico intatto e solitamente battuto soltanto da alpinisti. L’itinerario passa per due rifugi dolomitici, Rifugio Rosetta – o Rifugio Pedrotti – e Rifugio Mulaz – o Rifugio Giuseppe Volpi -, permettendo quindi essere tranquillamente affrontato anche in due giorni.

Si parte da Malga Fosse di Sopra (1.936 m slm), situata nei pressi di Passo Rolle, ai piedi delle pareti meridionali della erbosa Punta Rolle. La prima parte del percorso, che condurrà fino al Rifugio Pedrotti, nell’altopiano delle Pale di San Martino, segue il bel Sentiero No. 712 “Sentiero dei Finanzieri” in direzione Rifugio Pedrotti / Rosetta il quale, dopo aver scavalcato la scarpata delle Crode Rosse a ridosso dell’imponente parete meridionale del Cimon della Pala, confluisce sul Sentiero No. 701 che porta direttamente al rifugio risalendo il versante occidentale della Cima Rosetta.

Giunti sull’altopiano delle Pale di San Martino, dal Rifugio Pedrotti (2.358 m slm), si procede lungo il Sentiero No. 703 in direzione Passo delle Faràngole / Rifugio Mulaz, in un primo tratto in discesa che porta allo spiazzo chiamato Pian dei Cantóni, dove comincia il Valón de le Comèlle. Da Pian dei Cantóni, il Sentiero No. 703 si alza lievemente di quota, per procedere lungo l’affascinante tratto attrezzato in costa del Sentiero delle Faràngole. A tratti esposto ma mai tecnicamente impegnativo, il Sentiero delle Farangole è normalmente ricco di acqua, con piccoli ruscelli che scorrono dalle conche che sovrastano il Vallón de le Comèlle. Giunti al bivio per il Bivacco Brunner / Cima Vezzana, in Val Strut, si procede tenendo il Sentiero No. 703 in direzione Passo delle Faràngole / Rifugio Mulaz. Si risale progressivamente la Val Granda arrivando al pianoro chiamato Banca delle Fede, dove comincia l’ultimo tratto attrezzato che si arrampica fino a giungere al Passo delle Faràngole. L’anfiteatro offerto dalla Banca delle Fede è semplicemente spettacolare, con la vista ravvicinata su una serie di cime maestose, tra cui la Cima dei Bureloni (3.120 m slm) a sud ovest – raggiungibile dal pianoro su sentiero segnato “B” -, il Campanile e la Cima di Val Grande (3.038 m slm) ad est e il Campanile e la Cima di Focobòn (3.054 m slm) a nord.

L’ultimo strappo in salita che conduce al Passo delle Faràngole (2.808 m slm) alterna un tratto iniziale su un canalone sdrucciolevole ad un tratto finale attrezzato. Giunti sulla sella, la visuale si apre ampia ad ovest su tutta la Val Venegia ed il Passo Rolle. La discesa che precede l’arrivo al Rifugio Mulaz non è particolarmente impegnativa; tuttavia, sviluppandosi sul versante nord ovest della Cima di Focobòn, spesso risulta un po’ umida e non è raro imbattersi in qualche tratto innevato.

Dopo una sosta quasi obbligata al Rifugio Mulaz (2.571 m slm), si procede verso Passo Mulaz seguendo il Sentiero No. 710. Una volta scavalcato il passo (2.619 m slm), con un tratto non ripido, il sentiero scende portandosi nell’alta Val Venegia. Poco prima di giungere nei pressi di Malga Venegiota, si procede verso Baita Segantini / Passo Rolle lungo la variante offerta dal Sentiero No. 710A che consente di non abbassarsi troppo di quota.

L’ultimo tratto di salita di questo impegnativo itinerario affronta lo strappo che dai piedi del (fu) Ghiacciaio del Travignolo porta a Baita Segantini; una salita che, se affrontata da riposati non sarebbe particolarmente dura ma che, dopo una lunga giornata, può rivelarsi incredibilmente faticosa. Una volta giunti nei pressi di Baita Segantini e della sua iconica ed iper turistica conca con vista sul Cimon della Pala, si procede in leggera salita lungo la strada bianca che porta ai tralicci di Punta Rolle, situati a ridosso della cima. Da Punta Rolle, dalla quale è visibile in basso Malga Fosse, sarà sufficiente scendere con cautela lungo il ripido pendio meridionale erboso del monte, concludendo un ultimo tratto  che risulta sia affascinante che tecnico e che, dall’alto, offre una visuale mozzafiato su tutto il Primiero e le Pale di San Martino occidentali.

 

Sentieri

 

  • Da Malga Fosse di Sopra (1.936 m slm), seguire il Sentiero No. 712 “Sentiero dei Finanzieri”, poi Sentiero No. 701, in direzione Rifugio Pedrotti / Rosetta,
  • Dal Rifugio Pedrotti (2.358 m slm), procedere lungo il Sentiero No. 703 “Sentiero delle Farangole” in direzione Passo delle Faràngole / Rifugio Mulaz,
  • Dal Rifugio Mulaz (2.571 m slm), seguire il Sentiero No. 710, poi Sentiero 710A verso Passo Rolle / Baita Segantini,
  • Da Baita Segantini (2.170 m slm), seguire la strada bianca che porta ai tralicci di Punta Rolle,
  • Da Punta Rolle, scendere i pendii meridionali fino ad arrivare a Malga Fosse di Sopra. ✓

 

RIFUGIO PEDROTTI ALLA ROSETTA

 

  • Situato sull’Altopiano delle Pale di San Martino, a 2.358 metri di altitudine, il Rifugio Giovanni Pedrotti alla Rosetta, chiamato anche Rifugio Pedrotti o Rifugio Rosetta, costruito nel 1889 su progetto dell’ingegner Annibale, è uno dei più vecchi rifugi SAT (Società Alpinisti Tridentini).
  • Già nel 1896, dato l’interesse alpinistico suscitato dalle Pale di San Martino, il Rifugio Pedrotti fu ampliato. Assieme al progetto di ampliamento, la SAT decise inoltre di costruire un secondo edificio adibito ad albergo al Passo della Rosetta, affacciato sulla conca dove sorge l’abitato di San Martino di Castrozza. L’iniziativa fu però archiviata a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
  • Dopo la Grande Guerra, che ne lasciò in piedi soltanto pochi muri, il Rifugio Rosetta fu ripristinato e successivamente ampliato nel 1931. Il secondo conflitto mondiale riservò però una sorte simile al rifugio, che venne incendiato dai Nazisti.
  • Con la costruzione della funivia che da Colverde porta a poche centinaia di metri dal rifugio, avvenuta nel 1957, il Rifugio Rosetta si aprì in maniera definitiva al turismo dolomitico di massa.

 

RIFUGIO VOLPI AL MULAZ

 

  • Inaugurato nell’ottobre del 1907, il Rifugio Volpi al Mulaz, o Rifugio Mulaz (com’era inizialmente chiamato), è un rifugio del CAI (Club Alpino Italiano) situato sulla testata della Val Focobòn, poco sotto il Passo Mulaz, a 2.571 metri di altitudine.
  • Tra il 1959 e il 1960 il rifugio venne ristrutturato ed ampliato grazie a donazioni della famiglia Volpi di Venezia. I lavori furono ultimati nel luglio del 1960, e con essi il Rifugio fu dedicato a Giuseppe Volpi, o Volpi di Misurata (1877-1947), finanziere, industriale e uomo politico veneziano, fondatore della SADE (Società Adriatica di Elettricità), ideatore e realizzatore del polo industriale di Porto Marghera, nonché governatore della Tripolitania dal 1921 al 1925 e Conte di Misurata.

 

VAL VENÌA

 

  • La Val Venìa (Venegia), che si estende da Pian dei Casoni fino al Ghiacciaio del Travignolo ed è caratterizzata dall’ampia conca erbosa che funge da anfiteatro naturale sulla catena settentrionale delle Pale di San Martino, è una delle più splendide vallate dolomitiche di alta quota.
  • Oltre al suggestivo corso d’acqua del Travignolo, sono due le malghe storiche della vallata: la Venìa (Venegia) e la Veniòta (Venegiòta), gestite rispettivamente dagli allevatori di Transacqua e di Tonadico.
  • A parte l’ingresso ad Ovest presso il Pian dei Casoni, la Venìa è una vallata chiusa da tutti i lati e raggiungerla è possibile soltanto tramite passi o forcelle di alta quota, un tempo prive di sentieri e praticamente impercorribili. Dalle parole di Samuele “Pape” Scalet: “questo aiuta a capire l’origine del nome corretto Val Venìa che significa Valle oltre la quale non v’è nia (nulla), e così è sempre stata chiamata fino a pochi anni fa, fino all’invasione delle Venigie che non significano nulla. Ed è un vero peccato perdere i toponimi originali perché questi erano scaturiti da significati precisi colti sul posto dalle persone che vivevano e lavoravano in quel luogo”.
  • È geograficamente assai improbabile invece una seconda ipotesi che circola in tempi recenti, per la quale il nome Venìa / Venegia deriva da Venezia, in seguito ad un inverosimile trasporto del legname della vallata diretto alla Serenissima.
  • Fino agli anni ’60, la Venìa era anche luogo di esercitazioni militari e il masso erratico, che ora giace ai piedi del (fu) Ghiacciaio del Travignolo, veniva utilizzato come bersaglio per artiglieria leggera.

 

BAITA SEGANTINI E CAPANNA CERVINO

 

  • Una linea ben definita, oltre a quella geografica, unisce Baita Segantini e Capanna Cervino; entrambe infatti nascono grazie all’artista, guida alpina e poliglotta Alfredo Paluselli (1900 – 1969), conosciuto anche come “Custode del Cimone”.
  • Nato a Ziano di Fiemme, Paluselli è sicuramente uno dei pionieri della cultura sportiva e turistica “moderna” nella regione, grazie ad esperienze lavorative che gli permisero di osservare culture differenti in Svizzera e negli Stati Uniti d’America, una volta rientrato in Italia, dopo aver fondato una squadra di atletica in Val di Fassa ed aver conseguito il titolo di Maestro di Sci d’Italia, decise di fondare insieme alla moglie Lina la prima scuola di sci delle Dolomiti.
  • Prefabbricata con blocchi componibili nel laboratorio di Paluselli a Ziano, nasce negli anni ‘30 la Capanna Cervino, che prende il nome dal Cimon della Pala (chiamato “Cervino delle Dolomiti” per la sua forma). La scuola fu la prima in Italia a proporre pacchetti vitto, alloggio e corsi di sci.
  • Nella sua continua ricerca di nuovi stimoli, nel 1936, dopo aver restaurato la vecchio sentiero della Grande Guerra che da Passo Rolle conduceva a Passo Costazza, Paluselli decise di sposare definitivamente il Passo Rolle, costruendo quella che sarà la sua dimora per i successivi 35 anni (incluso il famoso inverno del 1950-1951 quando Passo Rolle venne sommerso da più di 25 metri di neve): Baita Segantini.
  • Si dice che Paluselli, conosciuto per la sua schiettezza, non amasse essere circondato da persone e che trattasse con durezza chiunque si atteggiasse o ostentasse. È noto inoltre che Paluselli aprisse la sua dimora a visitatori solo occasionalmente,  quando si allontanava per rientrare a valle o per scalare, lasciando agli ospiti un semplice biglietto con scritto: “Entrate, bevete, pagate”.
  • Intitolata al pittore di Arco che Paluselli ammirava e ricavata da un tabià di Bellamonte smontato e rimontato dallo stesso Paluselli dove ora sorge, Baita Segantini resta ad oggi una delle mete più turistiche delle Dolomiti. Tra i suoi visitatori, svettano anche nomi illustri come Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Leopoldo III del Belgio e Papa Giovanni XIII.

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