Questo anello impegnativo copre il tratto centrale della Translagorai, percorso di trekking che attraversa l’intera catena porfirica del Lagorai, in un ambiente di grande bellezza naturalistica e suggestione storica.
Il percorso parte dal Rifugio Refavaie (1.110 m slm), nella Valle del Vanoi, situato lungo la strada 5 km oltre l’abitato di Caoria. Il primo tratto dell’itinerario sale gradualmente nel bosco, verso ovest, lungo il Sentiero No. 320 (che parte circa 200 m dopo il rifugio, superato il primo tornante della strada per Malga Fossernica di Dentro), in direzione di Malga Laghetti. Lungo tutta la risalita le radure presenti permettono di godere dei primi scorci sulla Cima d’Asta e il Passo Cinque Croci. Giunto a Malga Laghetti (1.582 m slm), il tracciato prosegue su un tratto di strada forestale, per poi salire nuovamente nel bosco fino alla Conca di Sàdole, posta sotto il passo omonimo. Superata la conca e percorso l’ultimo tratto in salita, si giunge all’ampia sella del Passo Sàdole (2.066 m slm), ad ovest del Monte Cauriòl, conosciuto soprattutto per le vicende legate al primo conflitto mondiale quando – nel 1916 – fu conquistato dagli Alpini.
Dal crocevia del Passo Sàdole il percorso prosegue seguendo quello della Translagorai, su un tratto in discesa del Sentiero No. 320 lungo la Val di Sàdole in direzione Rifugio Baita Monte Cauriòl / Agritur Malga Sàdole, lasciando alle spalle i monti Cauriòl e Cardinàl. Durante la discesa è possibile osservare il Pian di Maserón, attraversato dall’imponente strada militare della Grande Guerra, chiamata “Via Austriaca”, che conduceva al Monte Cauriòl. Dopo una serie di tornanti, il Sentiero No. 320 comincia a seguire il corso del Rivo Sàdole, passando per il Bàito del Marino e conducendo al Pian delle Maddalene, dove il sentiero si allarga diventando una vera e propria strada forestale.
Proprio al Pian delle Maddalene, una piccola croce – Crós de la Cauriòta – ricorda la drammatica storia di Anastasia Sperandio, giovane di Caoria che qui restò bloccata a causa di una bufera di neve perdendo la vita nell’autunno del 1927.
Dal Pian delle Maddalene il tracciato scende fino a giungere ai due edifici del Rifugio Baita Monte Cauriòl e dell’Agritur Malga Sàdole, punto classico di pernottamento della Translagorai, dove imbocca il Sentiero No. 349 nel prato ad est e riprende a salire verso Forcella Coldosè / Cima Busa Alta. Il sentiero sale nel bosco fino a giungere alla quota di circa 1.890 metri di altitudine, dove incrocia una traccia che conduce a Cima Busa Alta.
A questo punto il tracciato proposto, che proseguirebbe nel suo “anello di base” per Forcella Coldosé, presenta una deviazione, fortemente consigliata, per la Cima di Busa Alta (per inciso, Busa Alta Tedesca o Keiserspitze). La risalita per la cima è molto ripida, coprendo 600 metri di dislivello in poco più di 2 km, ma sia il panorama che offre la Busa Alta (2.513 m slm) che la ricchezza storica del luogo, con trinceramenti, scalinate ed avamposti Austro-Ungarici in ottimo stato di conservazione, ripagano ampiamente lo sforzo richiesto. La risalita per la Busa Alta procede sul sentiero ben segnalato, tenendosi sulla destra all’unico bivio che si trova a metà salita – a sinistra si sale al Canzenàgol (2.457 m slm) – offrendo una lunga serie di tornanti che si snodano nella Conca della Busa Alta. La pendenza del sentiero aumenta, e con essa anche i segni di costruzioni belliche, tra muretti e scalini artificiali, con le postazioni del terzo battaglione Feldjäger dei Bosniaci e dei Landesschützen Austriaci. L’ultimo tratto della salita è a dir poco spettacolare, con una vera e propria scalinata che conduce verso la cima, supportata nei tratti più impervi anche da corde in ferro d’epoca e parapetti artificiali tra le trincee. La zona della vetta, con la caratteristica croce posta sulla cima, è ricca di trincee, grotte e reperti bellici, segni indelebili della Grande Guerra. Come nota, è forse opportuno dire che la Busa Alta è formata da due cime (tra le quali c’è la “busa”): la principale, “Busa Alta Tedesca” o Kaiserspitze (2.456 m slm), e la anticima della “Busa Alta Italiana”, che furono teatro di battaglie nell’autunno del 1916.
Dalla partenza del sentiero per la Busa Alta il tracciato riprende, sempre seguendo quello della Translagorai, verso Forcella Coldosé, che si raggiunge dopo aver attraversato la Forcella Canzenàgol (2.220 m slm) e alcuni bei passaggi in quota nei pressi del Cadinón. Dalla Forcella Coldosé (2.183 m slm), poco prima di raggiungere l’omonimo bivacco, si gode anche una bella vista sul Lago delle Trute (Lago delle trote). Il lunghissimo rientro, che dal Bivacco Forcella Coldosé conduce al Rifugio Refavaie, segue il Sentiero No. 339 per circa otto chilometri, in un primo tratto su sentiero che successivamete confluisce sulla strada forestale (Strada Forestale Coldosé), passando per Malga Coldosé di Sotto prima dell’ultima tratto in discesa per la località di Refavaie.
Sentieri
- Dal Rifugio Refavaie (1.110 m slm), procedere lungo il Sentiero No. 320, passando per Malga Laghetti (1.582 m slm) e la Conca di Sàdole, fino a giungere a Passo Sàdole,
- Da Passo Sàdole (2.066 m slm), procedere in discesa lungo il Sentiero No. 320 “Via Austriaca” in direzione Rifugio Baita Monte Cauriòl / Agritur Malga Sàdole, passando per Pian delle Maddalene,
- Dal Rifugio Baita Monte Cauriòl (1.600 m slm), imboccare il Sentiero No. 349 nel prato ad est e salire verso Forcella Coldosè / Cima Busa Alta,
- [Deviazione] Salire alla Cima Busa Alta / Keiserspitze (2.513 m slm),
- Proseguire lungo il Sentiero No. 349 per Forcella Coldosè, passando per la Forcella Canzenàgol (2.220 m slm),
- Da Forcella Coldosè (2.183 m slm), scendere lungo il Sentiero No. 339, prima sentiero poi strada forestale, fino a giungere a Refavaie. ✓
LA CRÓS DE LA CAURIÒTA
- Per decenni, gli abitanti del Vanói (come quelli di Primiero) furono obbligati per necessità ad allontanarsi da casa alla ricerca di un lavoro. Queste terre periferiche subirono, forse più di altre, fenomeni di emigrazione di massa dalla fine del 1800, principalmente verso l’America Latina e gli Stati Uniti d’America.
- Nello stesso periodo, e con le stesse motivazioni dei loro compaesani che partivano alla volta delle Americhe, in molti si recavano nella vicina Valle dell’Adige per lavori stagionali. Aldo Zorzi ricorda che moltissimi giovani, tra i 15 e i 25 anni, a fine settembre – ultimati i lavori della fienagione – erano soliti recarsi presso i contadini della Val d’Adige per vendemmiare.
- Per gli abitanti di Caoria, giungere in Valle dell’Adige richiedeva il passaggio dal Passo Sàdole per giungere a Ziano, da dove si univano al loro viaggio molti giovani della Val di Fiemme in un faticoso itinerario di due giorni.
- Il rientro nel Vanoi da parte di questi lavoratori stagionali avveniva tipicamente a fine ottobre / inizio novembre e, con l’inverno alle porte, il passaggio sul Passo Sàdole poteva comportare un maggior rischio.
- Il 12 novembre 1927 una giovane di Caoria, Anastasia Sperandio di 21 anni, terminato il suo lavoro stagionale, sostava a Ziano di Fiemme presso i coniugi Vanzetta. Domenica 13 novembre, nonostante la pioggia torrenziale, la giovane partì alla volta del Passo Sàdole, forse anche perché s’era accordata con il fratello Antonio che le venisse incontro. Il destino le fu però avverso, facendole trovare una bufera di neve in quota. La giovane morì per assideramento a quota di 1800 metri e fu ritrovata soltanto una settimana dopo sotto 60 centimetri di neve.
- A ricordo della giovane Anastasia, una croce con una targa fu riposta ai Maseròi, ai piedi del Monte Cauriòl, aggiungendosi alle migliaia di croci che la Grande Guerra disseminò in questi luoghi, che tutt’ora fanno meditare sulla sofferenza e sulla fragilità dell’esistenza.
LA GRANDE GUERRA SULLE CIME CAURIÒL, GARDINAL E KAISERSPITZE
- Con il dilungarsi degli eventi bellici e l’offensiva della Strafexpedition concentrata prevalentemente sull’altopiano di Asiago, nel 1916 la linea di confine tra l’esercito del Regno d’Italia e quello dell’Impero Austro-Ungarico attraversava la catena montuosa delle cosiddette “Alpi di Fassa”, formate, tra le altre, dalla cresta che univa Cauriòl, Gardinàl (poi divenuto Cardinàl) e Kaiserspitze (poi divenuto Busa Alta), oltre che le cime Cavallazza e Colbricón.
- Per quello che doveva essere l’attacco, coordinato con quello su Cima Cece, alle cime del Cauriòl, Gardinal e Kaiserspitze, fu dislocato il battaglione Feltre, del settimo reggimento degli Alpini. Nei piani iniziali, il battaglione Feltre, data la mancanza di munizioni, sarebbe dovuto intervenire una volta che il Nucleo Generale Ferrari ed il tredicesimo Bersaglieri fossero riusciti a rompere le linee Austro-Ungariche sul Colbricón e sulla Cavallazza.
- Dopo la conquista italiana del Colbricón, con la nuova linea Austro-Ungarica arretrata sul Piccolo Colbricón, l’avanzata verso il Cauriòl ebbe inizio la notte del 25 agosto 1916 con un doppio attacco: gli Alpini del Feltre da sud ovest e il battaglione Monterosa da sud est. Con il supporto iniziale delle artiglierie da Cima Paradisi e quello finale dei cannoncini da campo da 65 mm, all’alba del 27 agosto la cima fu espugnata, costringendo le truppe imperiali a ritirarsi verso il Passo di Sàdole. Nell’assalto cadde, colpito da una pallottola alla testa, il sottotenente Attilio Cartèri della 65-esima compagnia del battaglione Feltre, a cui è dedicata la spalletta a sud ovest del Monte Cauriòl.
- Poche ore dopo la conquista italiana del Cauriòl ebbe inizio il contrattacco Austro-Ungarico, che vide i superstiti del Feltre e del Monterosa resistere isolati, in attesa di rinforzi, per quattro giorni, prima di ricevere il cambio in prima linea dagli Alpini del Val Brenta. In quei giorni di combattimenti intensi i cannoni Austriaci del Lagorai e gli obici della Val di Fiemme bombardarono incessantemente il Cauriòl, fornendo supporto all’avanzata delle divise azzurrine dei Kaiserjäger, respinti dagli Alpini nel fazzoletto di terra che separa il Piccolo Cauriòl dal Cauriòl. A rinforzo dei Kaiserjäger venne inviato anche un battaglione di Bosniaci, tragicamente passato alle memorie per il tragico episodio del “fuoco amico”: mentre il battaglione stava avanzando verso il Cauriòl lungo la Val de Sàdole, due colpi corti dell’obice da 305 mm di stanza a Ziano di Fiemme colpirono in pieno le sue file. L’episodio fu definito “un vero massacro”, e fece desistere il comando di Bolzano da un ulteriore attacco alla cima.
- Con la caduta del Cauriòl, gli Austriaci rafforzarono le loro posizioni sul Gardinal e sul Kaiserspitze, consapevoli del fatto che, senza di esse, la presa del Cauriòl avrebbe avuto ben poco valore strategico.
- Il 14 settembre 1916 i battaglioni Monterosa, Feltre e Brenta ripresero l’attacco verso il Gardinal, la cui anticima cadde il 23 Settembre 1916. La cima rimase in custodia al terzo reggimento Kaiserschützen di Innichen. Nell’operazione sull’inospitale cresta del monte, il prezzo in termini di vite umane, sia italiane che austriache, fu spropositato, con centinaia di caduti per parte.
- A testimonianza della crudeltà degli scontri, Ubaldo Baldinotti ci racconta nelle sue memorie di come, dopo essere partito da Mezzano per l’assalto notturno al Gardinal, il suo battaglione fu investito, in prossimità della cima, da raffiche di mitragliatrice e da una scarica di grosse pietre, che causarono la morte di numerosi Alpini, forzandone il ritiro.
- Per l’assalto che avrebbe potuto cambiare le sorti della guerra sul Lagorai orientale al Kaiserspitze, il Monterosa, completamente decimato, fu integrato dai battaglioni Monte Matajiur e Monte Arvenis. L’assalto al Kaiserspitze iniziò il 2 ottobre 1916. Dopo tre giorni, “quota 2.456” (Busa Alta “Taliana”) fu presa dagli Italiani. La resistenza dei soldati dell’impero fu estrema e, dopo innumerevoli attacchi respinti a “quota 2.512”, il Kaiserspitze rimase in mano austriaca fino al termine del conflitto.
- Sono circa 800 le spoglie – mai interamente trasferite nei sacrari monumentali in epoca fascista – di soldati italiani ed austriaci che giacciono nel cimitero di Caoria, a silenziosa memoria dell’aspra lotta per mantenere la posizione su queste aspre cime del Lagorai. Molti di loro, sfuggiti al macello bellico, caddero vittime di malattie o di valanghe nel terribile inverno del 1916-1917. L’ultimo caduto, un ignoto italiano trovato sui pendii del Cauriòl, trovò finalmente pace sui terrazzamenti erbosi del Vanoi solo nel 1929.