Il Castelàz (2.333 m slm), conosciuto anche come Monte Castellàzzo, è un blocco isolato di roccia che assomiglia ad una fortezza naturale. Il 22 ottobre 1915, durante la Prima Guerra Mondiale, l’esercito italiano occupò la cima, creando un articolato complesso di avamposti e trincee sulla cima della montagna per controllare il fronte nemico.
L’ampia visuale dalla cima del Castelàz domina su Cima Bocche, Passo Rolle, Val Travignolo, Val di Fiemme e Buse dell’Oro. La posizione strategica dell’avamposto permetteva di puntare l’artiglieria verso le linee austro ungariche posizionate su Cima Bocche, Paneveggio e Colbricón.
Nei pressi di Pian della Vezzana (circa 1.920 m s.l.m), è ancora possibile vedere le rovine di un vecchio campo militare (qui l’esatta posizione), utilizzato come campo di bassa quota per ospitare truppe e fornire munizioni (presumibilmente attraverso una teleferica) agli avamposti sulla cima del Castelàz. Circa 1000 uomini delle brigate Calabria e Basilicata erano di stanza sul Castelàz.
Mentre le trincee e gli avamposti sulla cima del Castelàz sono ora un’attrazione turistica, le rovine di Pian della Vezzana non sono mai state recuperate né incluse in nessun itinerario della prima guerra mondiale, rimangono quindi completamente abbandonate.
Il Castelàz non fu mai attaccato dall’esercito austro ungarico, restando in mano italiana fino al novembre 1917 quando, in seguito alla disfatta di Caporetto, le truppe italiane si ritirarono sulla nuova linea sul Piave.
Prima del 2009, il Castelàz era senza dubbio una delle cime meno conosciute del Primiero. Dal 2009 in poi, migliaia di turisti ogni anno hanno camminato lungo le pendici di questa montagna per raggiungere la statua del Cristo Pensante, posta sulla sua cima. L’opera, scolpita da Paolo Lauton è stata ricavata da un singolo blocco di marmo bianco di Predazzo (Predazzite). Degna di nota è la corona della statua, realizzata con filo spinato della Grande Guerra. L’ideatore del Trekking del Cristo Pensante è invece Pino Dallasega, che ebbe l’idea per permettere a giovani e alle famiglie non solo di apprezzare le bellezze naturali della zona, ma anche di avere una più profonda connessione con esse.